Abbiamo nutrito la speranza con la fede
Dopo quattro mesi e mezzo di coma, Roberto ora parla, ragiona e presto potrà tornare in Sicilia. Il racconto di una mamma, dai primi momenti di angoscia all’accoglienza presso La Nostra Famiglia di Pieve di Soligo.
Mi chiamo Rosalba. La mia famiglia è composta da mio marito Paolo e mio figlio Roberto. Veniamo da un paese della Sicilia. In questa magnifica terra il 6 novembre 2015 Roberto ha avuto un grave incidente: un'auto non si è fermata allo stop e ci siamo ritrovati dietro una porta dell'ospedale a supplicare Dio di non portarci via il nostro unico figlio. Il dolore che si prova in quel momento è indescrivibile: sembra che il cuore scoppi e che tutto quello che si ha, improvvisamente, non conti più nulla. Vorresti morire, non esserci più. Un'attesa così ti logora, ti uccide ma nello stesso tempo devi rimanere lucido per capire quello che ti diranno i medici e per dare forza e coraggio a tuo figlio che ne avrà certamente bisogno.
Quella porta ad un certo punto si è aperta e ne è uscito Roberto su una barella... Il medico, chiamandoci da parte, ci ha spiegato: “Vostro figlio è grave: ha un trauma assonale diffuso con focolai aperti. Se sanguineranno dovrà essere operato d'urgenza. Se supererà le prossime 48 ore sarà fuori pericolo. Adesso è in coma e lo stiamo ricoverando in terapia intensiva. Se ci sono novità ve le faremo sapere”. Intorno a noi amici e parenti ci consolavano. Ricordo che io e mio marito abbiamo passato la notte dietro alla porta della rianimazione pregando Dio che lo facesse sopravvivere.
Sono passate le fatidiche 48 ore e in quel momento abbiamo capito che Dio aveva ascoltato le nostre preghiere, perché Roberto finalmente si era stabilizzato.
Abbiamo sentito quindi il bisogno di andare in chiesa a pregare e ho avuto la sensazione che Gesù e la Madonna ci stessero aspettando per darci una risposta. Ad un tratto, infatti, ho avvertito dentro di me un calore ed un amore così grandi che, ho capito, non era un amore umano bensì qualcosa di speciale, accompagnato da una gioia e una pace immensa. Ho compreso in quel momento che mio figlio stava per essere toccato dalla mano divina. Mi sono sentita sollevata da tanta sofferenza ed anche mio marito sembrava provare le stesse sensazioni, perché mi ha detto: “ Vedrai che ce la faremo, supereremo insieme tutto e saremo tutti e tre di nuovo felici”.
In quei giorni ho deciso di leggere la Bibbia, una pagina al giorno, e quando ricevevamo notizie negative andavamo a pregare per trovare conforto e speranza. Per un mese e mezzo abbiamo visto nostro figlio un'ora al giorno, dietro ad un vetro, e per mezz'ora potevamo entrare nella sua camera, uno alla volta. Aveva la febbre alta e respirava grazie ad una macchina. Nonostante ciò non abbiamo mai perso la speranza; anzi, la fede si è rinforzata. Dopo un mese e mezzo il primario dott. Carpinteri, una persona sensibile che ci aveva sostenuti nel nostro dolore, ci disse che nostro figlio avrebbe avuto bisogno di cure che la Sicilia non avrebbe potuto offrirci e che bisognava trasferire Roberto in un centro di riabilitazione. Da quel giorno ci siamo sentiti presi per mano da Dio, mano che ci ha guidati nella giusta direzione.
Paolo aveva trovato un centro in Veneto, approvato anche dal primario: La Nostra Famiglia di Pieve di Soligo, in provincia di Treviso. Abbiamo organizzato più velocemente possibile il trasporto con l'aeronautica militare: siamo decollati il 28 dicembre e mio figlio proprio in quel giorno ha compiuto 15 anni.
Quando siamo arrivati al centro, all'entrata, mi ha colpito immediatamente l'immagine di un grande poster dove è raffigurato un uomo con lo sguardo dolce e tanti bambini intorno: don Luigi Monza. L'ho guardato e gli ho chiesto di proteggere mio figlio. Da subito siamo stati accolti dal personale che ci ha confortato, trasmettendoci amore e rispetto per il nostro dolore. Ci siamo meravigliati per tutto questo.
Appena arrivati hanno visto che questa febbre non era normale: infatti, dopo tre giorni Roberto è stato ricoverato all'ospedale di Conegliano. Dagli accertamenti è emerso che nostro figlio aveva una grave infezione nel sangue. Siamo stati all'ospedale un mese intero.
Io e mio marito eravamo soli, con il nostro dolore, in un posto sconosciuto... ma il Signore ha fatto in modo che anche qui fossimo circondati da persone buone e comprensive, che ci hanno confortato moltissimo e ci raccontavano tanti casi, inizialmente disperati, che poi avevano avuto un lieto fine: non dovevamo perdere la speranza. Nostro figlio, infatti, stava migliorando. La febbre scendeva e dopo un mese non c'era più. Gli esami relativi all'infezione si erano negativizzati.
Siamo quindi rientrati a La Nostra Famiglia, dove ci hanno nuovamente accolto.
I medici e tutto il personale, pur ritenendo che nostro figlio fosse grave, non ci hanno mai fatto perdere la speranza: al contrario di quel che era accaduto in Sicilia, ci dicevano che nessuno ancora conosce completamente il cervello, per cui dovevamo parlare molto a Roberto, osservarlo e aspettare l'evolversi della situazione.
Decidemmo anche di partecipare al Pellegrinaggio a Lourdes organizzato dall’Associazione. Il giorno della partenza mio figlio si è svegliato dal coma: era il 22 aprile. Roberto è stato quattro mesi e mezzo in coma, Dio l'ha toccato con la sua mano divina e adesso lui parla, ragiona e si ricorda di noi, sa far di conto e ricorda persino l'inglese studiato a scuola!
Ora si trova ancora su una sedia a rotelle ma ci sono buone speranze che riprenda a camminare.
Adesso preghiamo tutti i giorni, tutti e tre insieme. Ho scritto un foglio che ho poi appeso al muro della della camera di Roberto: “Tutto posso in Colui che mi dà la forza”.
Abbiamo voluto raccontare la nostra storia per ricordare alle persone che stanno attraversando una simile sofferenza per un familiare che niente è impossibile a Dio: aprite i vostri cuori e Lui vi aiuterà. Vogliamo ringraziare, infine, parenti e amici, i medici, tutti gli operatori che ci aiutano e ci hanno aiutato ancora oggi. Ce l'abbiamo fatta: nostro figlio tornerà in Sicilia camminando con i suoi piedi, come avevamo promesso...
Che Dio benedica tutti con il suo amore La Nostra Famiglia e il suo fondatore don Luigi Monza perché è grazie proprio a don Luigi se La Nostra Famiglia ha salvato nostro figlio
Rosalba, Roberto e Paolo Sarcià.