Alla riscoperta di me e del mio bambino
La testimonianza di una mamma: i miracoli per noi genitori in cammino si vedono ogni giorno in una mano che si muove per la prima volta, in una bocca che pronuncia parole, negli occhi che iniziano a riconoscere o nelle gambe che tornano a camminare.
La famiglia è il luogo che ti accoglie, che ti guida e che ti fornisce gli strumenti per trovare ed esprimere il meglio di te stesso, secondo le tue possibilità. Senza giudizi, ti sprona portandoti a superare i tuoi limiti. Senza presunzione, ti insegna per rafforzarti nel cammino. Senza invasione, ti guida verso la tua meta.
In questo senso l’istituto La Nostra Famiglia diventa la famiglia di tante famiglie.
La mia sensazione è quella di essere avvolta; un senso profondo di protezione all’interno del quale posso permettermi di essere fieramente fragile mentre cammino alla riscoperta di me e del mio bambino.
La malattia spesso distrugge, almeno nel nostro caso è arrivata d’improvviso travolgendo tutto come uno tsunami e lasciandoci inermi, smarriti, spaventati.
Non eravamo più quello che conoscevamo e non sapevamo cosa saremmo stati. Abbiamo sperimentato un limbo di dolore che ha forgiato la nostra fede. Forza e amore hanno guidato il nostro sacrificio. Abbiamo vissuto mesi in attesa della riabilitazione, che per noi significava un vero traguardo di rinascita.
Durante il lungo periodo in ospedale ci hanno spesso parlato di Bosisio Parini come il “luogo dei miracoli”. Lo dicevano senza dare peso alle parole e per sfuggire da una realtà alla quale non sapevano dare una risposta.
Andrea è stato colpito improvvisamente da una malattia che si chiama FIRES, acronimo di “Sindrome Epilettica Super Refrattaria da infezione febbrile con origine sconosciuta”. Per gli uomini di pura scienza questo è l’incubo perfetto: non c’è causa certa, non c’è previsione di evoluzione, non c’è un protocollo medico universalmente efficace, non c’è conoscenza. Quindi non c’è.
Ho visto volti smarriti nelle persone dalle quali cercavo la certezza di salvezza. Ho sentito perlopiù pronunciare sentenze, perché dove domina la “non conoscenza” ciò che emerge è principalmente la paura che delinea quadri negativi a giustificazione dall’ignoto.
Siamo andati avanti credendo, aggiungendo la fede ad una scienza totalmente atterrita.
Arrivando qui alla Nostra Famiglia ho compreso quella definizione data in modo superficiale. Quella frase “il luogo dei miracoli”, inconsapevolmente pronunciata da agnostici paralizzati nell’anima, è profondamente vera.
La miracolosità di questo luogo sta nella sua stessa natura: la scienza, esercitata con grande sapienza e conoscenza, è totalmente al servizio del Signore. Non c’è arroganza nell’esercitarla e neppure presunzione di sapere la verità assoluta. Medici, infermieri, terapisti e assistenti esercitano la loro opera professionale offrendosi al disegno universale.
Si parte dalla verità dell’oggi ma non si pongono limiti alle possibilità del domani. Ogni mattone di questo edificio, ogni foglia di questo parco trasuda amore e umiltà. Quella umiltà che rende consapevoli della piccolezza delle proprie conoscenze umane rispetto alla volontà divina.
Ed ecco allora che questo diventa il luogo della concreta speranza, nel senso che la porta per la mano di Dio è sempre aperta e quindi la sua volontà si può realizzare.
I miracoli per noi genitori in cammino si vedono ogni giorno in una mano che si muove per la prima volta, in una bocca che pronuncia parole, negli occhi che iniziano a riconoscere o nelle gambe che tornano a camminare.
Non c’è un tempo perfetto per vederli, solo l’attesa che la vita prenda il suo corso mentre quotidianamente svolgiamo il nostro servizio senza sosta e senza fatica.
Il Signore ha bisogno del nostro aiuto per compiere la sua opera. Ci chiama ad essere pazienti, ci chiama ad essere umili, ci chiama ad essere operosi. Ma più di ogni altra cosa ci chiede con forza di essere aperti; aperti a ciò che non possiamo comprendere, aperti a far passare la sua luce di amore nel nostro quotidiano, aperti ad accettare quello che apparentemente non ha spiegazione.
La Nostra Famiglia ha la porta aperta e insegna a tutti noi come spalancarla. Questo approccio mi ha avvolto.
Un giorno mio marito mi ha parlato di una tribù sudafricana dove ci si saluta con l’espressione Sawubona. Letteralmente significa “Io ti vedo”, sei importante per me e ti apprezzo. Si tratta di un modo di visualizzare gli altri, accettarli come sono, con le loro virtù, sfumature e anche con i loro difetti. In risposta a Sawubona, solitamente si usa Shikoba, “allora io esisto per te”.
Il Buongiorno quotidiano per questi uomini e donne semplici, abituati ad una vita ancora avulsa dalle forti sovrastrutture occidentali, diventa un atto di accudimento verso l’altro. “Io ti vedo” significa che mi rendo conto di te, dei tuoi bisogni, ti guardo non per circostanza ma per captare qualsiasi segnale di aiuto che tu voglia inviare e tramite questo atto tu esisti.
È un motto molto semplice ma che ben si addice a questa Famiglia, formata da medici, bambini, genitori, infermieri, studenti ed educatori che sono aperti ad abbandonarsi ed avvolgersi gli uni con gli altri.
Luisa Lucini
Mamma di Anna e Andrea