Scoprire l’unicità del bambino che accogliamo

Svelare significa rendere noto qualcosa che non lo era e questo porta con sé domande e turbamenti. Ma anche meraviglia e fiducia.

Ogni mattina, dopo aver preso visione dell’attività della giornata, mi accingo a scendere le scale per incontrare un bambino e i suoi genitori. Quello spazio e quel tempo occupati dalla discesa, che ad occhi esterni possono apparire come un rituale insignificante, sono in realtà sempre uno spazio e un tempo sospeso, in cui la mia anima si prepara ad accogliere lo sguardo di quel bambino e di quei genitori per la prima volta. E’ in questo sguardo che cerca, carico di speranza ma anche di disorientamento che mi rendo conto della responsabilità che abbiamo come operatori della Nostra Famiglia, soprattutto in un tempo in cui tutto sembra prevedibile, lineare, sotto controllo. Può sembrare, infatti, che il progresso tecnologico ci sostenga sempre, che ci siano a disposizione sempre nuovi strumenti, che la scienza ci offra sempre nuove risposte. Ma la realtà è che dietro a queste certezze c’è la fragilità, c’è la delicatezza umana, c’è emozione, c’è unicità, tutti elementi lontani da un concetto di prevedibilità.

Don Luigi ci dice che come cristiani ognuno di noi deve “diventare un artista di anime e dobbiamo dipingere la bellezza di Gesù non sulla tela ma nelle anime”. Penso che questa sia una sfida grande per noi operatori perché significa accogliere il turbamento dei genitori, rispondere alle loro domande, accompagnarli a svelare al mondo la bellezza dell’anima dei propri figli, al di là delle loro fragilità. In tutto questo non c’è certezza, non c’è prevedibilità, ma c’è qualcosa che può essere ancora più forte: la fiducia.

Quelle scale che percorro ogni mattina mi pongono sempre molti interrogativi: sarò all’altezza? riuscirò a rispondere a tutte le domande? Ma è nell’incontro con lo sguardo del bambino che capisco sempre che la bellezza della sfida che ci è stata affidata è proprio questa: scoprire, nell’improbabile, l’unicità del bambino che accogliamo. Un’opera d’arte parte sempre da un blocco informe o da una tela bianca; l’artista (di anime) ha il grande compito di far emergere il bello che non si vede. In quell’improbabile blocco informe o in quella tela priva di colori c’è già qualcosa di grande, va solo scoperto, a volte scovato con difficoltà. A volte l’attrezzo che usa l’artista non è quello giusto o si rompe. A volte può non riuscire a vedere subito l’opera che sta sotto. A volte svelare può essere un processo faticoso. Svelare significa rendere noto qualcosa che non lo era e questo porta con sé domande e turbamenti. Ma anche meraviglia e fiducia.

“Tieni il timone della fede in modo che le violente tempeste di questo mondo non possano turbare il tuo corso. Il mare è davvero grande e sconfinato ma non avere paura” (Lettera di S. Ambrogio, anno 379)

Un operatore della Nostra Famiglia di Padova