Alle radici della fiducia nell’altro, della fiducia in sé stessi
La fiducia delle prime relazioni significative ci permette di far crescere quella verso noi stessi e ci guida poi nel costruire nuove relazioni di fiducia con gli altri.
Nel suo Messaggio in occasione della XXIX Giornata mondiale del malato, Papa Francesco pone l’accento sulla relazione di fiducia tra il professionista sanitario e la persona fragile che gli è affidata “Perché vi sia una buona terapia, è decisivo l’aspetto relazionale, mediante il quale si può avere un approccio olistico alla persona malata. Valorizzare questo aspetto aiuta anche i medici, gli infermieri, i professionisti e i volontari a farsi carico di coloro che soffrono per accompagnarli in un percorso di guarigione, grazie a una relazione interpersonale di fiducia. Si tratta dunque di stabilire un patto tra i bisognosi di cura e coloro che li curano; un patto fondato sulla fiducia e il rispetto reciproci, sulla sincerità, sulla disponibilità, così da superare ogni barriera difensiva, mettere al centro la dignità del malato, tutelare la professionalità degli operatori sanitari e intrattenere un buon rapporto con le famiglie dei pazienti”.
Ed è quello che sperimentiamo ogni giorno nei progetti di cura che percorriamo accanto ai nostri bambini e alle loro famiglie: la fiducia che ripongono inizialmente, nel momento in cui si affidano a noi per il loro bisogno, solo se viene poi nutrita e fortificata, diventa l’elemento fondante del processo di cura, anche quando, come spesso accade per i nostri bambini, non porta alla guarigione da una malattia ma alla loro miglior qualità di vita possibile. Fiducia elemento fondante dei processi di cambiamento nei percorsi psicoterapici, dove la relazione con il terapeuta è essa stessa strumento di cura.
E’ la stessa radice che ritroviamo alla base di ogni relazione umana, dove le persone si incontrano e iniziano assieme un percorso: di amicizia, di coppia, lavorativo… dove ci si incontra, ci si affida e si costruisce insieme un progetto comune.
Ma su cosa si fonda la fiducia? Sulle parole dette, ascoltate, verificate nel tempo…. Ma anche, e forse soprattutto, sulle nostre azioni, sul nostro essere presenza coerente e garantita.
Sperimentiamo la fiducia fin dall’inizio della nostra esistenza: sulla fiducia con chi si prende cura di noi si fonda la nostra identità. E fin dall’inizio, dal suo radicarsi, la fiducia non si fonda sulle parole, quelle arrivano con significato dopo: si fonda sulla presenza, che è contatto e odore, e poi diventa visione e ascolto. Tutto presenza, coerente alle attese. Non può che essere fiducioso dell’altro il bambino che inizia a muovere i primi passi da solo: tiene la mano di chi si fida, poi solo lo sguardo e poi va. Ma se non avesse fiducia nell’altro, che ha fatto crescere ed incoraggia a far crescere la fiducia in sé, non potrebbe staccarsi per allontanarsi. Non può esserci un percorso di individuazione e separazione se il bambino non sperimenta con l’altro e poi in sé stesso il senso di fiducia.
E’ la fiducia delle prime relazioni significative, quella stessa che ci permette di far crescere quella verso noi stessi, che ci guida poi nel costruire nuove relazioni di fiducia con gli altri. Non c è amicizia che non nasca e si alimenti della fiducia nell’altro, il primo elemento che salta quando dall’amico ci si sente “traditi”.
Ma anche nell’ambiente di lavoro scopriamo presto il significato della fiducia nell’altro, nel proprio collega, in coloro che ci dirigono o che collaborano con noi: quale azione di delega potrebbe realizzarsi, senza che ci sia stima professionale e fiducia nella persona stessa?
Ci si dovrebbe chiedere allora perché se siamo immersi in relazioni di fiducia, cosa sta succedendo intorno a noi? Perché nella società tanti malumori, atteggiamenti costanti di diffidenza verso le persone che vivono nel nostro territorio, verso coloro che ricoprono cariche istituzionali, verso coloro che si apprestano a darci un servizio. Forse le loro parole e i loro gesti non ci dimostrano credibilità e affidabilità nel tempo, forse da loro ci sentiamo traditi in una prima fiducia accordata. O, forse, dovremmo ripensare alle nostre radici, a quanto come adulti siamo in grado di assicurare alle nuove generazioni relazioni precoci salde, attaccamenti sicuri, che permettano loro di crescere nutrendo verso l’altro e se stessi una giusta dose di fiducia.
Malida Franzoi