La dieta mediatica che fa male

La crisi della stampa e l’ascesa dei social media influenzano la capacità dei cittadini di discernere e di crearsi opinioni motivate, con conseguenze anche gravi.
Intervista a Nando Pagnoncelli, Presidente di Ipsos

NANDO PAGNONCELLICome sono gli Italiani: freddi o emotivi? Cioè, da dove nascono le nostre opinioni, dal cervello o dalla pancia? “Oltre alle evidenze empiriche e al passaparola, per le nostre opinioni attingiamo alla dieta mediatica, cioè al consumo dei mezzi di informazione”. Nando Pagnoncelli, ricercatore sociale e analista della pubblica opinione, Presidente di Ipsos Italia dal 2006, spiega il ruolo di internet e dei social media nel formare le opinioni degli Italiani: “Abbiamo registrato un cambiamento profondo del sistema attraverso cui si formano le persone. La tv mantiene una sua centralità granitica, con l’appuntamento principe del tg di prima serata. La radio ha arricchito la propria offerta informativa, con l’aggiornamento orario delle notizie. Ebbene, il giornale orario dura un minuto, c’è tempo per leggere solo i titoli, mentre un servizio del tg dura dai 60 ai 75 secondi. A ciò si aggiunga il crollo della stampa: oggi si vendono meno di 2 milioni di copie al giorno, inclusi i quotidiani sportivi, mentre dieci anni fa erano 5 milioni e mezzo le copie vendute. In un contesto di questo tipo prevale l’informazione superficiale, il titolo, che non ci aiuta a formarci un’opinione approfondita - che comporta fatica, tempo e capacità di analisi - ma ci spinge ad una reazione, spesso di pancia. Il paradosso quindi è che abbiamo cittadini più informati ma meno consapevoli, meno dotati di discernimento.

E poi c’è internet…
Internet è uno strumento straordinario, ci immerge in un ecosistema mediatico dalle grandi opportunità ma, ahimè, presenta tre grossi problemi: 1) è pieno di notizie fasulle. Alla domanda “secondo lei gli italiani sono capaci di distinguere le notizie fasulle da quelle vere?” tre persone su quattro ci dicono che gli italiani non sono capaci. Alla domanda successiva “lei è capace di distinguere le notizie fasulle da quelle vere?” quasi due su tre dicono di sì. Allora, il problema esiste ma riguarda gli altri. Non è un problema solo italiano: negli ultimi quattro mesi della campagna che portò all’elezione di Trump le notizie fasulle su internet sorpassarono quelle veritiere. 2) I social network teoricamente sono l’agorà, il luogo della democrazia, ma col tempo sono diventati il luogo dell’omofilia, in una logica quasi sempre di tipo confermativo: cioè io mi confronto solo con quelli che la pensano come me e butto fuori dalla mia cerchia le persone che la pensano diversamente. 3) Internet è legato alle fonti algoritmiche: attraverso i cookies vede il comportamento pregresso dell’utente e continua a riprodurre la stessa offerta informativa: tiene conto dei siti consultati negli ultimi tempi e propone notizie coerenti con gli interessi, presunti o reali, dell’utente. È chiaro che questo riduce lo spettro delle notizie con cui entriamo in contatto, facendoci perdere la possibilità di gerarchizzare le notizie e di contestualizzarle.

Viviamo quindi in una sorta di strabismo percettivo?
Esatto. In una ricerca Ipsos del 2014 abbiamo verificato i livelli di conoscenza della dimensione dei fenomeni: per esempio, quanti sono gli stranieri residenti in Italia, quanti i disoccupati, quanti gli anziani… Abbiamo esaminato centinaia di indicatori. Ebbene, l’Italia è risultato il paese con la distanza più ampia tra percezione e realtà. Gli stranieri allora erano poco più del 7 per cento, mentre la media delle risposte degli Italiani ha dato il 30 per cento, cioè quattro volte superiore. Stessa cosa per i musulmani residenti in Italia, che erano il 4 per cento secondo uno studio Caritas e il 3 per cento in base a uno studio ISTAT, mentre secondo gli italiani erano il 20 per cento.

Tutto questo ha delle conseguenze?
Certo, anche pesanti, e colloca l’Italia come un paese molto esposto agli allarmi sociali. Anche l’offerta mediatica e politica sono influenzate da questa distorsione tra percezione e realtà e a loro volta la influenzano, in una sorta di corto circuito. Per esempio, la sicurezza è un tema spesso al centro dell’attenzione: alla domanda “secondo lei gli omicidi negli ultimi 20 anni sono aumentati o diminuiti?” due terzi degli Italiani dicono che sono aumentati, quando in realtà sono più che dimezzati rispetto a 20 anni fa. Basti pensare che gli omicidi perpetrati in un anno in tutta Italia sono meno di 400, mentre nella sola Chicago sono mille. Per questioni di consenso da un lato e di leadership dall’altro si tende a cavalcare questa distorsione percettiva, che dipende senz’altro dalla dieta mediatica ma anche da un dato strutturale, cioè il basso livello i scolarizzazione del nostro Paese: solo il 15 per cento è laureato, il 32 per cento è diplomato, mentre la maggioranza assoluta degli Italiani che vanno a votare al massimo ha raggiunto la terza media. Ecco, i diplomati o i laureati magari hanno una cassetta degli attrezzi un pochino più ricca per comprendere il fenomeno o per cercare le fonti…

Cristina Trombetti

 

Si ringrazia Alberto Ruggieri per l'illustrazione di apertura  - www.albertoruggieri.net