Quando la parola manca

La comunicazione non mediata e personale di assistenza ai bambini con disabilità grave.

Ascolto e comunicazione sono due importanti concetti che stanno alla base delle relazioni umane; spesso pensiamo che sia l’uno che l’altro siano semplici e spontanei, quando in realtà sono state codificate regole e tecniche per una comunicazione e un ascolto corretto e efficace.

Nelle professioni di cura, come quella dell’operatore socio sanitario e dell’assistente, la relazione di aiuto si basa appunto sulle fondamentali capacità di ascolto e osservazione, ancora più importanti nel rapporto con il bambino con pluridisabilità gravi, che non è in grado di esprime i desideri, la sofferenza e le difficoltà che incontra nel suo vivere quotidiano.

Il primo passo per saper ascoltare è innanzitutto ascoltare noi stessi, tacitare il “rumore” che ci giunge dall’esterno e, in silenzio, prendere consapevolezza dei nostri pensieri, desideri, sentimenti, bisogni, paure, emozioni. Solo così riusciremo a fare spazio all’altro e a riconoscere ogni bambino come unico e irripetibile, solo così saremo in grado di dargli dignità e accoglierlo per come è. Per il bambino con disabilità grave noi siamo i suoi occhi, le sue orecchie, le sue mani, siamo il suo tramite alla socialità. Per questo motivo non dobbiamo mai sostituire i nostri desideri ai suoi. Noi entriamo nella sua privacy e intimità più di chiunque altro operatore, e quindi è importante instaurare un rapporto di fiducia e comprensione reciproca, in una continuità che ci consenta di comprendere anche i piccoli cambiamenti. Ed è una grande opportunità che viene offerta a noi e al bambino, un dono reciproco, che sottintende una grande capacità empatica, sempre ripagata dal suo affetto.

Quando ci occupiamo della cura dell’igiene dei bambini, facciamo loro il bagno, diamo loro da mangiare o li aiutiamo a mantenere o sviluppare le abilità residue con l’utilizzo di specifici ausili, indicati dai terapisti occupazionali. Quando cambiamo la loro postura o li mettiamo in statica collaborando con i fisioterapisti. Quando li aiutiamo a partecipare alle attività, sempre modulate rispetto alle loro disabilità, lavorando in equipe con gli educatori. Quando cerchiamo di aiutarli a ridurre le loro stereotipie. Quando semplicemente raccontiamo loro una storia o facciamo loro una coccola. Quando li ascoltiamo e diamo loro attenzione. Quando cerchiamo di comprendere la loro aggressività. In tutti questi momenti dobbiamo sempre essere attenti alle diverse espressioni del loro pianto, ai diversi vocalizzi, all’umore, ad un sorriso che non c’è più, ai silenzi, al loro sguardo, al loro dolore espresso in mille modi diversi, alla loro gestualità. Dobbiamo sempre avere presente il nostro obbiettivo che è il loro benessere.

Affinché poi l’ascolto del bambino sia globale, dobbiamo essere in grado di ascoltare tutte le voci di un gruppo di lavoro o di una equipe multidisciplinare, per comprendere ancora meglio come indirizzare il nostro operato con i nostri bambini. Inoltre è imprescindibile dare la nostra attenzione ai genitori, alle loro paure e alla loro richiesta costante di essere rassicurati.

In questo momento particolare, il mio desiderio è che anche La Nostra Famiglia si metta in ascolto di tutti noi operatori che, al di là delle nostre competenze e mansioni, mettiamo il cuore e l’anima nell’accudimento dei nostri bambini.

Rossana Billi
Operatore sociosanitario
La Nostra Famiglia di Conegliano