La più grande vittoria è vedere nostro figlio che gioca
Attilio ha seguito un progetto sperimentale per bambini con autismo presso il Centro di Cava de’ Tirreni. Il racconto dei suoi genitori.
Due anni fa, La Nostra Famiglia ci ha proposto di inserire nostro figlio nella scuola materna operante presso il Centro di Cava de’ Tirreni, in una classe composta da cinque bambini affetti da disturbo dello spettro autistico, patologia di cui soffre anche il nostro bambino, per farlo partecipare ad un progetto educativo sperimentale della durata di due anni.
Il gruppo era composto da tre maschietti e due femminucce di età compresa tra i tre ed i cinque anni. All’inizio di questo percorso, nostro figlio aveva quattro anni, tanti erano i problemi e le difficoltà che non riuscivamo a risolvere o quantomeno a gestire, perché non sapevano come intervenire quando lui ci sfuggiva e soprattutto come stabilire un contatto che ci permettesse di capire i suoi bisogni e le sue richieste; poi, lavorando entrambi, il tempo che potevamo dedicargli era davvero poco.
Le sue difficoltà maggiori erano la forte instabilità, la facile eccitabilità, il non saper giocare con i giocattoli in modo corretto e soprattutto ripetere per più volte una stessa azione in maniera illogica, ad esempio aprire e chiudere le porte, accendere e spegnere le luci, sfarfallare con le mani.
Il problema di non avere un sonno continuo era la fatica più grande per noi: fino all’età di tre anni e mezzo, infatti, nostro figlio dormiva poco e male con conseguenze negative anche sulla coppia perché la stanchezza fisica ci portava ad essere molto molto nervosi ed intolleranti.
Quindi quando ci hanno proposto questo progetto abbiamo accettato subito, perché abbiamo visto una possibile alternativa al buio in cui eravamo immersi e avremmo potuto usufruire dell’apporto tecnico di una intera équipe di specialisti che poi sistematicamente ci ha coinvolto ed informato di tutte le azioni eseguite per il raggiungimento degli obiettivi previsti.
Ci hanno mostrato l’aula dei bambini, attrezzata con pochissimi oggetti e arredata con qualche mobile e cinque banchetti che, all’occorrenza, venivano spostati all’esterno per predisporre meglio gli spazi interni alle varie attività.
L’aula, dotata di una illuminazione a led colorati, faceva parte del progetto sull’utilizzo corretto di spazi multisensoriali che avrebbe favorito nel bambino l’integrazione degli stimoli a vantaggio della relazione con l’ambiente e della comunicazione. Le luci sarebbero state accese alternativamente e collegate alle attività da svolgere in quel momento, in modo da funzionare come rinforzo.
A completamento di questo arredo i bambini sarebbero stati educati ad utilizzare il tavolo interattivo Baby Touch, che è un sistema di comunicazione interattivo finalizzato a stimolare la attenzione e la creatività.
Sembra ieri ma da allora sono cambiate tante cose e tutte in positivo.
Uno dei traguardi più grandi è stato che nostro figlio ha diminuito le stereotipie, anzi qualcuna è proprio scomparsa.
Ora riesce a mangiare da solo e a stare per più tempo seduto rispettando le regole, è molto più attento con lo sguardo (prima sembrava completamente disinteressato a tutto). È riuscito a liberarsi totalmente del pannolino grazie ai consigli del medico e della psicoterapeuta e la sua capacità di controllo emotivo è migliorata.
Ad oggi la più grande vittoria è quella di veder giocare nostro figlio con i suoi coetanei e di inserirsi nei giochi collettivi anche se l’assenza del linguaggio parlato lo limita ancora.
Da genitori siamo rimasti molto contenti dei progressi che abbiamo visto ed ora speriamo di vederne altri con un po’ di ansia per l’inserimento di Attilio nella scuola comune il prossimo settembre!
I genitori di Attilio