Piccoli in età, grandi nello Spirito
I bambini dimostrano una capacità spirituale che risulta sorprendente: esplorano il mistero, con i piedi per terra.
Nel 1989 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite approvava la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. All’articolo 27 si dice che «gli Stati parti riconoscono il diritto di ogni fanciullo a un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale». Con una tale asserzione – sostenuta anche in altri articoli del documento, come, ad es., i nn. 17, 23, 32 –, vi è un chiaro riconoscimento a livello internazionale che la dimensione spirituale appartiene di diritto alle dimensioni che costituiscono la persona non solo in età adulta, ma subito a partire dall’infanzia. La dimensione spirituale è già presente fin da piccoli: quindi, a prescindere dal dato anagrafico, tutti hanno una vita spirituale e hanno il diritto di svilupparla.
Il ventaglio degli studi negli ultimi decenni si è aperto sempre più al campo della spiritualità in generale e, più nello specifico, anche della spiritualità dei bambini ed è necessario considerarla per guardare al presente e al futuro dei soggetti in crescita. In breve, chiariremo l’argomento di cui si tratta e in quale prospettiva lo si affronta; poi vedremo come si manifesta la spiritualità dei bambini e come accompagnarla; infine, torneremo sul respiro universale che le è proprio.
Innanzitutto, da una parte, i soggetti in gioco, i bambini, non sono solo – come talvolta capita di considerarli – individui passivi e oggetti delle cure di altri, ma sono soggetti recettivi, attivi e reattivi. Dall’altra, bisogna intendersi sul significato di spiritualità: la pensiamo come quella dimensione caratteristica e universale dell’uomo che in molti modi ricerca il senso della vita, attraverso le domande fondamentali, e che mette le persone in contatto e in relazione con il trascendente e con sé stesse. In questo senso, la religiosità non coincide con la spiritualità, ma la spiritualità si può esprimere grazie alla religione. In questa sede, noi guardiamo alla spiritualità dei bambini dal punto di vista cristiano, cioè quello che prende le mosse da quel Gesù che ha considerato i bambini come modello per entrare nel regno dei cieli (cf. Mt 18,3-4).
In secondo luogo, la quotidianità mostra che anche i bambini sono in grado di farsi alcune domande: “Chi sono? Da dove arrivo? A chi appartengo? Perché? Cos’è la fede? …”. Certamente le parole che usano per tentare una risposta o per descrivere ciò che pensano e sentono al riguardo non saranno troppo analitiche, ma i bambini dimostrano una capacità di riflettere sui dati spirituali e religiosi e di poterne fare esperienza che, per gli adulti che gli sono vicini, risulta sorprendente. Se è vero che l’emergere della loro attività spirituale avviene talvolta in ambienti in cui vengono fatte domande esplicite su temi spirituali – e le risposte sono spesso stravolgenti! –, non di rado si presenta in momenti non troppo strutturati, pertanto più inattesi, e dove i bambini hanno più libero spazio. Può essere un disegno; o una risposta data da un piccolo a un dialogo che sta avvenendo tra adulti; oppure un momento di silenzio prolungato in un luogo di culto in cui si avverte che il bambino sta trovando un senso e una pace che difficilmente vive altrove; o, ancora, una preghiera spontanea; … Tutto ciò aiuta a considerare la spiritualità come componente quotidiana della vita, legata a tempi e azioni di tutti i giorni, e non relegata esclusivamente a intensi momenti specifici di meditazione. Con Sofia Cavalletti, la quale si stupiva del fatto che i bambini in campo religioso sapevano cose che nessuno gli aveva mai detto, potremmo dire che «il bambino sembra capace di vedere l’Invisibile, quasi fosse più tangibile e reale della realtà immediata. […] I bambini penetrano senza il minimo sforzo oltre il velo dei segni, e ne “vedono” con grandissima facilità il significato trascendente, come se non ci fossero barriere tra visibile e Invisibile».
Per riuscire a vedere quali aperture spirituali hanno i bambini e per dialogare con loro, noi adulti «dobbiamo, all’interno di noi stessi, attraversare la soglia delle loro parole – si tratti di un linguaggio verbale o di uno non verbale» (Elaine Champagne). Si tratta di riuscire non solo a parlare per i bambini o parlare ai bambini, ma anche parlare con i bambini, che ci chiedono empatia e ci costringono a modificare il nostro punto di vista, esplorando il mistero e il trascendente pur rimanendo, come sanno fare i piccoli, con i piedi per terra. Si tratta di prendere in considerazione e avere seriamente a cuore sia le loro fragilità, le cose su cui devono ancora crescere, sia le loro potenzialità che già sono presenti. Proprio come quel Gesù che, da una parte nei bambini vedeva il prototipo degli abitanti del regno dei cieli, dall’altra voleva che i bambini entrassero in relazione con Lui (cf. Mt 19,14) e ammoniva duramente i suoi discepoli di accoglierli sempre e di non scandalizzarli (cf. Mt 18,5-6). Questo è importante, perché l’esperienza spirituale e del trascendente è mutuata per analogia dalle relazioni con persone significative: è più affettiva che intellettiva. D’altronde, l’esigenza vitale del bambino – ma non solo sua! – si può sintetizzare nel bisogno di amare ed essere amato e, così, «essendo l’esperienza religiosa fondamentalmente un’esperienza d’amore, essa corrisponde in particolar modo alla natura del bambino» (S. Cavalletti).
In conclusione, potremmo dire che, se l’argomento dello spirito – e dello Spirito santo – sembra qualcosa di astratto o un po’ sfuggente, la possibilità di sperimentarlo e di comunicarlo non dipende solo dalla comprensione intellettuale sul trascendente e dalla capacità cognitiva del soggetto. La spiritualità è dimensione costitutiva e presente in tutti i bambini, nessuno escluso! E ci ricorda l’importanza del valorizzare i bambini a tutto tondo, non solo per quello che in futuro saranno, ma anche imparando da loro e stupendoci di ciò che sono: forse piccoli anagraficamente, ma grandi nello Spirito!
don Samuele Ferrari
Professore incaricato di Catechetica e Pastorale Giovanile presso il Seminario di Milano