La ricerca rende possibili le cose improbabili
Prende per mano chi sembra non abbia alternative e fornisce nuove prospettive e opportunità. E così, strade difficilmente percorribili si trasformano in occasioni.
Avete mai pensato che una persona senza gambe né braccia potesse vincere dei campionati mondiali? Improbabile, penserete. Eppure è successo.
Avete mai visto una sola ragazzina, con una diagnosi particolare, così ossessionata dal cambiamento climatico da riuscire a sensibilizzare il mondo intero? Improbabile, direte. Eppure è diventata l’icona di un’intera generazione.
Avete mai pensato che un bruchino verde piccolo e bruttino potesse volare? Improbabile, si pensa. Eppure, dopo la fatica della trasformazione, l’improbabile accade e quel bruchino, che diventa farfalla, vola.
Dicesi “probabile” un fatto o avvenimento che, in base a serî motivi (i quali però non costituiscono vere prove e non danno quindi certezza), si è propensi a credere che accada o che sia già accaduto (ref Treccani).
In una quotidianità costellata di incertezze, è sempre più facile sentirsi propensi a scommettere sul fallimento di un evento, piuttosto che sulla sua riuscita. È la nostra squadra del cuore che anche questa stagione non vincerà il campionato, l’incarico dei tuoi sogni che verrà dato a quel tuo collega antipatico o il matrimonio del tuo caro amico, che sublimerà in un divorzio, presto o tardi. Una nuova guerra scorre alla televisione, il tabellone segna ancora un centesimo in più sul prezzo della benzina e quella tua vicina ancora non la smette di lamentarsi di quanto il cambiamento climatico stia lentamente, quanto inesorabilmente, portandoci all’apocalisse.
Bene, in questo gentile bombardamento costante di negatività è diventato complesso riuscire a credere nel bene, in quello che non si vede, che si nasconde tra i gesti e i sorrisi, che non ha quantità, nome o luogo, ma che può far ancora risplendere di virtù la “scimmia vestita”.
Eppure, in nome di quel bene, si è fatto tanto nella storia. È stato talvolta il primum movens di azioni, progetti e dinamiche, volte alla salvaguardia reciproca, alla protezione del più debole e bisognoso.
Quante volte, per abitudine, per fatica, per credenze, pensiamo che non valga la pena investire tempo e risorse su cose che sembrano altamente improbabili. Quante volte, nella nostra quotidianità, ci rassegniamo a ciò che sembra più probabile, senza compiere il grandissimo sforzo di andare oltre e credere che anche ciò che sembra lontano dalle nostre possibilità possa essere realizzato.
Così, alle volte, un bambino che non parla, agli occhi dei più, sarà muto per sempre. Un ragazzo che non cammina, per chi gli sta attorno, avrà sempre bisogno di qualcuno che spinga la sedia a rotelle. Una mamma che non sa come gestire le crisi di un figlio sarà, per gli altri, una mamma un po' incapace e che vizia troppo. Una malattia degenerativa sarà, per tutti, una condanna.
Ma se quel bambino avesse la possibilità di imparare a comunicare in modo diverso, se quel ragazzo potesse spingersi da solo, se quella mamma riuscisse a comprendere i bisogni sotto le urla, se si cercasse la vita al di là della condanna, sarebbe più facile credere nelle cose improbabili!
Uno degli obiettivi di chi si occupa di ricerca è esattamente questo. Rendere possibili delle cose improbabili. Far sì che le idee, le ipotesi, le strade poco probabili e difficilmente percorribili, possano diventare pensabili, possano trasformarsi in occasioni.
Nonostante, ad oggi, in Italia la parola “ricerca” faccia direttamente rima con “precarietà”, chi, da tempo, ha deciso di puntare sull’improbabile, oggi continua a farlo con impegno e dedizione.
La realtà della Nostra Famiglia, che segue ancora instancabilmente le volontà del suo fondatore, il Beato Luigi Monza: dedica infatti forze ed energie non solo alla riabilitazione, ma anche a quella ricerca che, negli anni, ha permesso di offrire un contributo importante tanto alla clinica, quanto alla scienza, prendendo per mano chi sembrava non avere alternative e fornendo nuove prospettive e opportunità.
Ad oggi, L’Associazione è presente in ben 28 località e, nello specifico, il polo di Brindisi, negli ultimi anni, ancor più ha puntato sull’improbabilità, investendo maggiori risorse, grazie anche ai progetti del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), nell’implementazione del gruppo di ricerca.
L’attuale équipe di ricercatori, nonostante la giovane età anagrafica, presenta formazioni ed esperienze professionali differenti e arricchenti, tanto da permettere un perenne quanto stimolante processo di contaminazione reciproca. Proprio questo scambio, questa collaborazione ed eterogeneità stanno permettendo di dar vita a progetti volti non solo ad accrescere la conoscenza di meccanismi che sottendono alcune patologie neurodegenerative e del neurosviluppo, ma anche a migliorare le capacità di gestione cliniche e terapeutiche di tali condizioni.
Se, dunque, finora sembrava improbabile che un ragazzo con isolamento sociale potesse intraprendere un trattamento psicoterapeutico, che un bambino con SMA di tipo 1 potesse stare seduto o che ci fosse una più ampia visione sulla percezione del dolore nei bambini con autismo, oggi invece è proprio ciò su cui questa squadra sta puntando, cercando di rendere questi obiettivi non solo probabili, ma anche possibili.
Così, ci auguriamo che l’opera a cui cerchiamo di dar vita in questo nostro cantiere della ricerca, dove di “cantiere” ci piace utilizzarne il significato più letterale, quel “cavalletto di sostegno” su cui si costruisce qualcosa, possa davvero essere un’opera piena di possibilità, di ipotesi che diventano certezze, di solitudini che si sentono accompagnate. Un’opera piena di scienza e di coscienza, di innovazione e prospettiva; di paure che diventano speranze; di speranza che diventa futuro.
I giovani ricercatori dell’IRCCS Medea di Brindisi
Giuseppe Accogli, Giulia Barraco, Giorgia Carlucci, Gabriele Giannotta, Mariangela Leucci, Luigi Macchitella, Valentina Nicolardi, Greta Pirani, Marta Ruggiero, Lara Scialpi, Sara Scoditti