Riabilitazione post Covid a domicilio: in Veneto un progetto sperimentale
L’iniziativa dell’azienda sanitaria di Pieve di Soligo coinvolge anche gli studenti del corso di laurea in fisioterapia di Conegliano.
Sostenere i pazienti affetti da Covid-19 anche dopo le dimissioni e accompagnarli a domicilio: è questo l’obiettivo del progetto di continuità della presa in carico HOME COVID REHAB, ideato dall’azienda sanitaria di Pieve di Soligo in collaborazione con l’Università di Padova e La Nostra Famiglia di Conegliano.
“L’obiettivo del progetto - spiega il direttore generale dell’ULSS n.2, Francesco Benazzi - è presidiare, attraverso un monitoraggio attivo, il recupero funzionale della persona e delle normali attività della vita quotidiana, promuovendo la ripresa delle attività a domicilio”.
Protagonisti di questa esperienza sono gli studenti del 3° anno di corso di laurea in fisioterapia dell’Università di Padova presso La Nostra Famiglia di Conegliano, i docenti, i tutor e gli operatori dell'Azienda Sanitaria ULSS 2 “Marca Trevigiana” - Unità Operativa Recupero e Riabilitazione Funzionale del Distretto Pieve di Soligo, diretta dal dott. Giampietro Bonivento.
“Gli studenti del terzo anno di fisioterapia - afferma il coordinatore del corso Riccardo Verza - hanno aderito con entusiasmo a questa proposta, comprendendo la necessità di creare strumenti utili al recupero funzionale dei pazienti dopo la malattia”.
La presa in carico avviene attraverso la consegna al paziente in dimissione di una brochure che illustra l’attività da svolgere a domicilio, la tempistica da rispettare e uno strumento di auto-monitoraggio dell’attività svolta. Il paziente, entro 48 ore dalla dimissione, verrà contattato dal fisioterapista dell’Azienda Sanitaria per programmare il periodo della riabilitazione e nelle successive quattro settimane per il monitoraggio della situazione. Ad ogni telefonata vengono valutati i progressi fatti e vengono date indicazioni individualizzate. La durata della presa in carico è stimata in circa un mese.
Innovativi per questo percorso sono i filmati per l’utenza, realizzati dagli studenti del corso di Laurea e resi disponibili nel canale YouTube attivato dall’università.
Molte le testimonianze degli studenti: “È stata un’occasione per contribuire al sostegno e alla salute delle persone in un momento difficile per tutti”, sostiene Sabrina, mentre Leonardo sottolinea la sfida di provare a riconoscere i problemi e le necessità di pazienti affetti da una malattia per la gran parte sconosciuta e di rapportarsi alla sanità attraverso nuove tecnologie: “ci ha permesso di metterci alla prova e di esplorare possibili aspetti futuri della nostra professione, riuscendo al contempo ad essere un aiuto concreto in questo momento di necessità”.
“Vista la vastità di possibili quadri clinici e l'assenza di letteratura a riguardo, il punto forte del progetto è proprio l'aver pensato ad ogni singolo paziente, dal più al meno compromesso, garantendo per tutti i dimessi un adeguato livello di trattamento”, rileva Alberto, mentre Anna sottolinea come il progetto è stata l’occasione per rendersi utili ed aiutare anche a distanza, per quanto possibile, in questa situazione di emergenza sanitaria.
“Giocando di squadra tra studenti, fisioterapisti e docenti, siamo riusciti, pur a distanza, a creare uno strumento in grado di supportare concretamente le persone in fase di recupero post Covid-19” rileva Mariagiovanna, mentre Riccardo sottolinea anche la valenza psicologica del progetto, in quanto “evita che il paziente che si senta lasciato solo in un periodo di grande confusione”. E’ d’accordo anche Giorgia: “Abbiamo cercato un modo di affiancare queste persone il più semplice possibile per migliorare la loro qualità di vita e farli sentire inclusi in un progetto pronto a sostenerli in tutti gli aspetti”.
Home Covid Rehab è stato quindi un grande lavoro di gruppo, come sottolinea Ivan: “È il frutto dell’impegno di professionisti e di noi studenti che abbiamo potuto sfruttare le nostre conoscenze e competenze per il bene del prossimo lavorando in team”.
Il progetto è sostenuto dal dipartimento di neuroscienze dell’Università di Padova, diretto dal prof. Raffaele De Caro, e ha ottenuto il patrocinio dell’ateneo.