Guerra in Ucraina: la storia di Anna, Camilla e Milissa
Scappate da Mykolaiv, sono arrivate in Italia per cure mediche. Il racconto di un anno difficile ma anche di una grande catena di solidarietà.
“Siamo partite da Mykolaiv per motivi di salute, grazie ad un’associazione di volontariato di Leopoli, e siamo arrivate in Italia il 16 aprile”. Anna ha 40 anni, è vedova e i suoi occhi azzurri e profondi dicono tutta la sua forza e l’apprensione per le sue bellissime bambine: Camilla di 15 anni e Milissa, che ha 7 anni ed è affetta da una malattia genetica rara. E’ passato quasi un anno da quando Anna e le sue bimbe hanno dovuto lasciare la loro città, da mesi sotto i bombardamenti ed ora senza acqua e senza corrente. “Tutti gli ospedali avevano chiuso, anche quello di Kiev che seguiva Milissa per i controlli: per questo siamo partite”.
Il viaggio è un’odissea: partite in autobus insieme ad altre mamme ed altri bambini, attraversano la Polonia e, dopo un percorso tortuoso e molte difficoltà vengono accolte nel cuore della notte in una comunità di recupero di Villa d’Adda, un paesino del Bergamasco. La vita qui non è facile, la comunità ha le sue regole e i portoni restano chiusi a doppia mandata, a causa dell’utenza fatta prevalentemente da ex tossicodipendenti. Ma ecco che entra in scena il primo anello di una grande catena di solidarietà: è Paolo Scarpazza, medico fondatore della Onlus “Il sorriso di Giorgio” che sostiene la comunità e subito realizza che Milissa ha bisogno di cure specialistiche. Si rivolge quindi alla collega Federica Locatelli, neurologa dell’Associazione La Nostra Famiglia, che nel giro di una settimana organizza un ricovero di inquadramento diagnostico presso la sede di Bosisio Parini.
“A Milly era stata diagnosticata la neurofibromatosi di tipo 1, una malattia genetica rara che si manifesta già dall’infanzia con caratteristiche cliniche peculiari - spiega la genetista Susan Marelli – ma l’ipotesi diagnostica non ci convinceva per la mancanza di un numero sufficiente di criteri clinici necessari per la diagnosi, come previsto dalle linee guida. Qui a Bosisio abbiamo quindi fatto un’indagine genetica accurata e abbiamo riscontrato la mutazione in un altro gene, responsabile di una malattia rara in cui il coinvolgimento vascolare impone un follow-up accurato in un Centro di riferimento. Ebbene, sono pochissimi i centri in Europa specializzati in questa malattia rarissima e uno di questi è il Policlinico di San Donato Milanese. Ho quindi dato indicazioni alla mamma di contattare il dottor Alessandro Pini, responsabile del Centro di Cardiogenetica Vascolare, che ha subito preso in carico Milissa. Ora so che la piccola è in buone mani”.
Se l’iter diagnostico di Milissa sembra andare a buon fine, non è così per la soluzione abitativa e di vita di tutta la famiglia. Dopo il ricovero a Bosisio, Anna si trasferisce ad Antegnate, dove trova lavoro nella cucina di un ristorante in cambio di vitto e alloggio per lei e per le figlie. La parentesi lavorativa dura poco: i patti erano chiari, solo un mese, probabilmente per coprire le ferie di un altro lavorante. Anna con le sue bimbe si ritrova quindi abbandonata a se stessa, senza permesso di soggiorno, fuori da qualunque circuito. C’è solo una maestra di Villa d’Adda che si accorge che Milissa avrebbe dovuto iniziare la scuola e segnala il caso ad Enrico, presidente dell’associazione Sguazzi di Bergamo: “Il primo giorno che ho visto Milly, girava in tondo con la sua bicicletta, sola, in un cortile che confina con il parco acquatico di Antegnate – racconta Enrico -. Al di là di una rete metallica c’erano centinaia di persone che si si divertivano con gli scivoli e la gigantesca piscina. Al di qua della rete una bambina completamente sola che aveva un gigantesco bisogno di poter stare e giocare con altri bambini, di essere bambina!”.
Enrico contatta quindi la Fondazione Battaina della diocesi di Bergamo e don Stefano Bonazzi, parroco di Urgnano, che offrono ad Anna, Camilla e Milissa un appartamento in una cascina. “Ci sono voluti due mesi perché Milly iniziasse a parlare con noi - racconta Elena, moglie di Enrico -. Ora sta imparando anche il bergamasco, adora la matematica e tutte le mattine va a scuola con la bici che le avevano regalato le suore di Villa d’Adda. Anna ha trovato lavoro in una cucina, anche se è laureata e in Ucraina gestiva un grande store di cosmetici, e Camilla frequenta la prima superiore a Bergamo e online prosegue gli studi ucraini”.
Dall’inizio della guerra La Nostra Famiglia ha accolto 33 bambini ucraini: molti arrivano senza la documentazione sanitaria oppure, quando c’è, è in lingua: entra in campo quindi la mediatrice culturale Maria Lynova, 37 anni, in italia dal 2008 con incarico presso Les Cultures di Lecco e presso l’Associazione Ale G. di Merate: “il mio è un lavoro gratificante ma molto impegnativo dal punto di vista psicologico, soprattutto quando parliamo di bambini con problemi di salute”.
“I bimbi ucraini arrivano alla Nostra Famiglia su richiesta dei servizi sociali, dei pediatri, degli ospedali, delle associazioni come la Caritas, delle parrocchie o direttamente per iniziativa delle famiglie”, spiegano le assistenti sociali dell’Associazione Anna Fumagalli, Ersilia Riva e Moira Erba, vero trait d’union di una catena fatta di burocrazia, carte da tradurre, soluzioni da trovare ma anche tanta solidarietà. Per tutti viene fatto un inquadramento clinico e funzionale, quindi si prosegue con la riabilitazione in regime di ricovero ospedaliero o con interventi extraospedalieri. I bimbi vengono poi dimessi con l’invio ai centri presso i quali possono fare la riabilitazione estensiva, molti dei quali sono della Nostra Famiglia, e con le certificazioni necessarie per avere l’inserimento scolastico con il sostegno. In caso di particolari problemi, viene dato anche il supporto psicologico.
“Ci siamo imbattute in problemi enormi – concludono le assistenti sociali – ma abbiamo trovato anche tanta gratuità. Dove talvolta ci sono gli ostacoli, con l’aiuto delle persone si apre un’autostrada”.
Cristina Trombetti
La Nostra Famiglia di Bosisio Parini dall’inizio della guerra ha accolto 33 minori: 12 con un disturbo dello spettro autistico, 8 con paralisi cerebrale infantile, 11 con malattie rare o neurologiche, 2 con un tumore.