Una società, ha detto papa Francesco, è tanto più umana quanto più sa prendersi cura dei suoi membri fragili e sofferenti. Diventa così importante l'amore di chi cura, come quello di Marica Granziera, coordinatrice infermieristica presso La Nostra Famiglia.
«I gesti di bene hanno davvero una capacità straordinaria di raggiungere l’altro», spiega Marica Granziera mentre racconta la sua esperienza accanto a bambini e ragazzi che necessitano di cure. Una laurea in Infermieristica conseguita nel 2004 per realizzare il desiderio che ha fin da piccola: «aiutare le persone, primariamente quelle che abitavano vicino a me, quelle che incontravo a scuola o nel volontariato e che erano più fragili».
Attualmente lavora presso l’Istituto di Riabilitazione “La Nostra Famiglia” – IRCCS “Eugenio Medea”, struttura che accoglie bambini e giovani con disabilità con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita del bambino e della sua famiglia. La struttura nasce come opera dell’Istituto Secolare Piccole Apostole della Carità, nel quale Marica è inserita come laica consacrata, fondato dal Beato Monza che ha voluto chiamare l’istituto di riabilitazione “La Nostra Famiglia” «per dimostrare che, come figli di uno stesso Padre, tutti gli uomini formano un’unica famiglia, che tutti i membri dell’Associazione dovranno essere famiglia per tutti quelli che dovranno soggiornare».
Dal 2015 Marica Granziera lavora presso l’Unità di riabilitazione specialistica patologie neuropsichiatriche e l’Unità di riabilitazione neuroncologica e neuropsicologica, ora con il ruolo di coordinatore infermieristico. «I bambini vengono al centro per frequentare la scuola, per ricevere dei trattamenti ambulatoriali di fisioterapia, logopedia, psicomotricità, ecc., ma anche in regime di ricovero, insieme ad un genitore, per valutazioni diagnostiche o per trattamenti riabilitativi che, a seconda della situazione, possono prolungarsi anche diversi mesi», spiega Marica.
Nel suo reparto vengono accolti prevalentemente bambini, anche molto piccoli, ma anche ragazzi fino ai 18 anni di età che vengono seguiti nel tempo e spesso rientrano in ricovero. Il legame che si crea con molte famiglie, quindi, si approfondisce e diventa importante. «Ogni famiglia che incontro ha una storia e un percorso differente. Riconosco di aver avuto modo di incontrare davvero tante persone straordinarie: bambini con la loro fragilità, ma anche con la loro innocenza, serenità, gioia. Genitori con la loro resilienza, tenacia, capacità di amore», racconta. «Per costruire e stabilire un rapporto basato sulla fiducia ci vogliono conoscenza, tempo e costanza. Quello che spiazza di più è che spesso sono proprio i bambini a fidarsi di noi operatori. Mi meraviglia sempre come i bambini riescano a cogliere che quanto facciamo lo stiamo facendo per il loro bene. A volte non si riesce purtroppo, ma spesso i bambini sono davvero sorprendenti e anche dopo un prelievo o una medicazione impegnativa, riescono a dirti grazie con un sorriso!».
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